Il 30 ottobre 2016

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È l alba del 30 ottobre 2016. Amatrice è una distesa di macerie già dal 24 agosto, dopo innumerevoli difficoltà ho una casa in solidarietà di una famiglia che vive all’ estero dove da poco risiedo dopo aver passato tende, macchina e rimedi di fortuna. Dal 26 di ottobre, data del secondo sisma, mi trovo di nuovo a dormire in macchina, fa un freddo terribile la notte, siamo io e il mio cane, entrambi superstiti e legati ormai profondamente. All’ alba non ce la faccio più ed entro in casa, è congelata, accendo la stufa a pellet e mi appoggio sul letto così come sto nel tentativo di riposarmi prima di recarmi sul posto di lavoro a Cittareale, lavoro che ho trovato dopo aver perso il precedente causa sisma e che mi aiuta economicamente e psicologicamente, nonostante la grande stanchezza, la sofferenza e la strada per arrivarci che passa nel bosco (tutte le strade che portano fuori da Amatrice sono interrotte) per cui impiego un’ ora per arrivarci quando normalmente si impiegano 15 minuti al massimo. Dal 24 agosto non dormo più e quando mi stendo sul letto o una poltrona vicino la porta di uscita sono vestita. Mi metterò sul letto vestita per i successivi due anni. Il tempo di chiudere gli occhi ed ecco, verso le 07.40 di nuovo il letto che si muove incredibilmente, sbatte, rumori forti di vetri spaccati, tutta la casa che si muove e si torce ed io che cerco disperatamente, insieme al mio cane, di arrivare alla porta, ma non ci riesco. Nonostante sia giovane e sportiva non riesco ad arrivarci tanto la casa si muove e penso che stia per finire tutto lì. “Sta per crollare, morirò qui sotto.”‘ Ero certa stesse accadendo e che sarei morta, una sensazione, una certezza difficile da spiegare. Ma la scossa si ferma ad un certo punto ed il tetto resiste, non resistono invece comignolo e coppi del tetto che, miracolosamente, cadranno due secondi prima della mia uscita da casa. Un secondo più tardi e sarei morta così. Arrivo al parco Don Minozzi, dove dal 24 agosto risiedono gli uffici comunali, sto spessissimo lì, siamo rimasti in pochissimi ad Amatrice ed io stringo amicizie coi volontari, forze dell’ ordine, nuovi impiegati e tutte le persone che gravitano intorno al comune, mi manca il rapporto umano, mi mancano le persone care scomparse nel sisma e mi manca tutta la mia vita. Piango sempre, in solitudine, io che non piangevo mai. L’ Associazione Nazionale Carabinieri mi chiede se sto bene e lo stesso fa Sergio Pirozzi, ex sindaco di Amatrice, che mi viene incontro chiedendomi come sto, lo stesso fa l’ Esercito sempre a fianco della popolazione dal primo terremoto e che mi dice che erano passati davanti casa per soccorrermi ma già non c ‘ ero più.

Una nuvola di polvere avvolge ciò che è rimasto di Amatrice, la stessa nuvola di dolore avvolge anche me. Fatichero’ non poco per trovare una squadra di Vigili del fuoco per mettere in sicurezza il comignolo che è rimasto penzolante tra il tetto e l’ entrata della porta di casa, le squadre sono impegnate altrove nel recupero dei feriti. E non è ancora finita……

Oggi ricorre il terzo anno dal terzo terremoto 2016. Vorrei poter dire che molto è cambiato da allora riguardo l’ impegno delle istituzioni, ma non è così. Ma tanto invece è cambiato nella mia esistenza, praticamente tutto e nonostante i tanti problemi posso dirmi comunque soddisfatta del gran lavoro che ho svolto per ricominciare da capo. C è sempre e deve esserci sempre una speranza, un obiettivo verso cui tendere, qualcosa da raggiungere e non importa se questo lavoro bisogna svolgerlo da soli, la vita è nostra e quattro terremoti mi hanno insegnato ad averne cura.

Emanuela Pandolfi