“Il terremoto è come una piaga, ti entra dentro la pelle”.
Mentre camminiamo Valerio descrive così il suo stato d’ animo della sera, una sera come tante altre dal 24 agosto 2016. Nel sisma ha perso la moglie Paola e i figli Giuseppe e Benedetta. Mentre mangiamo la pizza con un sorriso solare mi dice che “Giuseppe la pizza la prendeva wurstel e patatine”. Non perde mai il pensiero dei suoi cari, in un ricordo d’ amore costante. “Mi devo sempre tenere impegnato e soprattutto sono sempre disponibile se c è da aiutare qualcuno”. Parole, e non solo, davvero rare da ascoltare e che risultano soavi e pieni di speranza. Ripercorre ancora quella notte, la casa rimasta sotto il crollo di quella difronte, il forno dove stava lavorando in Via della Madonnella nel centro storico di Amatrice, che ha retto perché lo storico proprietario, Pipone (chi è di Amatrice lo ricorderà), aveva fatto dei lavori di rinforzo alle pareti anni prima. “Sono terrorizzato dal sisma e ho fatto dei lavori nel forno”, mi disse proprio lui diversi anni fa, prima di assurgere a miglior vita. E questa sua intuizione ha salvato la vita di sua moglie, dei suoi figli, di Valerio e degli altri collaboratori quella notte. Ma Valerio non si rassegna all’ idea che la sua famiglia sia morta così. “C è chi non crede al destino, ma forse è proprio per questo che loro sono morti, e io no”. “Certo che esiste il destino, pensa a coloro che stavano qui in vacanza!” – aggiungo io – “Infatti, tipo la famiglia inglese di Sommati” – fa eco Valerio. Sommati e Sant’ Angelo, dove perirono anche Nadia Magnanti e suo figlio di Fontenuova , una comunità molto vicina al popolo terremotato e che il 21 settembre u.s. è stata la culla del 1° Memorial vittime terremoto centro Italia.
Poi prendiamo il caffè da Roberta, titolare del bar Central Park di Amatrice, sente tanto la mancanza dei genitori e del fratello, scomparsi anche loro nel sisma. Valerio nomina la sua cagnolina Lola, e Roberta dice “Mio fratello era venuto ad Amatrice per riprendere la cagnolina che stava dai miei”(lui abitava sulla costa adriatica). La cagnolina, morta anche lei col suo padroncino e i suoi genitori. Mi stringe la mano Roberta, una donna che esprime poco i sentimenti e che ora vede la vita in modo diverso.
.”Ho bisogno di andare spesso al cimitero, per me, ne sento il bisogno. Oggi ci sono andata insieme a Lucia” – anche lei ha avuto gravissimi lutti familiari – “siamo in pochi, rimasti qui, con questa grande sofferenza, ci stringiamo tra noi”. “Lei è la moglie di Paolo” – mi presenta ad una ragazza. Ecco, ci ritroviamo insieme a ricordare i nostri cari, accomunati da una tragica fine. La prima vera e fondamentale ricostruzione è il tessuto emotivo e psicologico dei sopravvissuti, troppo spesso dimenticato e che è invece la tragedia principale. Le case, le attività, le varie costruzioni possono essere ricostruite e rinascere, le persone no e questo dolore muto sembra essere così lontano dal mondo che prosegue. Tutto va avanti ma la sofferenza dei sopravvissuti rimane lì, come una piaga, nella pelle.
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2494378207306953&id=100002043934718
Emanuela Pandolfi