La sentivo salire le scale col passo lento e cadenzato delle nonne. Capelli sempre raccolti in un acconciatura ordinata e abitudinaria, calze riposanti, golfino e gonna e le ciabatte, quelle che ormai non si usano più. Entrava nella mia cameretta, una stanza piccolissima e con una finestrella che dava sulla camera da letto più grande, e mi portava l’ uovo sbattuto con l’ orzo. Era una bontà! Fino ad una certa età dormivo con lei e mio nonno in cameretta, e quando eravamo tutti i miei genitori dormivano in camera con mio fratello, io e nonna in cameretta e mio nonno con la brandina in cucina. Una casa di quelle antiche, dove non c erano sfarzi ma tanta bellezza, non me la dimentico mai. Poi con nonna andavamo alla fontana a lavare i panni, lei mi insegnava come si faceva e c era il sapone tagliato a pezzi. All’orto, grande e curatissimo tanto da sembrare un quadro bucolico, c era di tutto. Mentre lei sistemava i pomodori, i fagioli e annaffiava io mangiavo le fragoline, erano sulla sinistra, i piselli crudi, quanti ne ho mangiati! “Non ne mangiare troppi a nonna, o ti viene il mal di pancia”. Non mi è mai venuto. Verso le 19 chiudevamo le galline nel padulo, il pollaio per proteggerle dalla volpe. Avevamo sempre le uova fresche.
Mio nonno mi insegnava a rapportarmi con gli animali, con rispetto. Mettevamo da mangiare ai maiali, ad Amatrice si chiama la ‘ndroccata e poi accarezzavo i conigli, ma solo quando non avevano figli, così mi insegnava mio nonno. Mi ricordo il sale per la salatura dei prosciutti, era grande più di quello attuale come anche le cosce dei prosciutti. Stavano in cantina e tutti i giorni c ‘era il lavoro della salatura da fare.
La sera nonna metteva il riscaldamento sotto al materasso, si chiamava il prete, un arnese dove dentro si metteva la brace del camino. Il camino era l’ unico riscaldamento eppure non ho mai avuto freddo. Prima di dormire dicevo le preghiere insieme a nonna e dormivo serena con vicino lei, una donna forte come non ce ne sono più che aveva sempre lavorato, cresciuto quattro figli e trasmesso valori che non esistono più. Ma io me li ricordo, si io mi ricordo.
Mio nonno si alzava alle 4.30 e faceva colazione con ciò che era avanzato la sera prima. Metteva tutto insieme in un pentolino perché “nello stomaco si mischia tutto”. Andavamo in montagna e mi insegnava a scalarla, zainetto in spalla con dentro da mangiare. Una natura selvaggia che forse ha determinato il mio carattere, silenzio assoluto e colori inimmaginabili. Quando andavamo per il corso di Amatrice mi comprava qualunque cosa, dalle caramelle ad ogni cosa che volevo. La sera raccontava episodi di quando era in guerra, oltre dieci anni, le guerre le aveva fatte tutte e Mussolini gli consegnò anche la medaglia al valore. Il carattere combattivo e temerario era un tratto dominante di mio nonno, unito ad una grande bontà. Ascoltavo affascinata e quelle parole non me le sono mai scordate.
Quando passava il carretto coi gelati prendevamo i cornetti, l’ unico gelato che mangio anche oggi, mi piace solo quello. Mi insegnava a lavorare a maglia, nonna era bravissima e faceva coperte e maglioni che ho indossato per oltre 20 anni.
La fortuna di vivere i nonni è qualcosa di straordinario ed il contatto con essi significa maturazione, trasmissione di valori, amore puro ed equilibrio. Le loro parole ed i loro insegnamenti sono scolpiti dentro me e devo a loro gran parte di ciò che sono. Facciamo stare insieme spesso nonni e nipoti ed avremo una popolazione sana e felice.
A nonna Marietta e nonno Ginetto.
Le mie colonne che mai scorderò.
Alla bellezza di Amatrice.
Emanuela Pandolfi